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Nel sito  
www.sinusoide.it
si afferma che è "solo l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ad avere riconosciuto uno specifico ruolo di rappresentanza a livello nazionale della categoria.

Non solo - si noti bene - dei propri soci, come accade per qualunque associazione, ma anche dei non vedenti che non siano iscritti ad alcuna associazione, ovvero che siano iscritti ad associazioni diverse dall'Unione." Chiuse virgolette.
Questa affermazione è destituita di ogni fondamento.
Bisogna però riconoscere cheil Presidente dell'UICI non nega il diritto di aderire ad altre associazioni,ma giusto per avere in tasca una tessera in più,dato che tali associazioni possono al massimo espore le loro idee, ma non a nome dei propri associati,ma forse solo a nome del proprio dirigente,dato che poi, alla fin fine, anche la volontà di questo sarebbe espropriata dall'Unione che lo rappresenta e lo tutela, facendo anch'egli parte del popolo dei ciechi.
Ma, al di là della reazione di insofferenza e all'orticaria che viene automaticamente provocata in ciascuno nel sentirsi dare della persona priva del diritto di decidere chi seguire e chi non seguire, a chi dare fiducia e a chi negarla, al di là della situazione antistorica e borbonica ipotizzata, che riproduce lo status del cieco che nel 1800 era considerato legalmente incapace  di agire e di tutelare i propri interessi, bisogna purtroppo concludere che con tali affermazioni si dimostra di avere ben poca stima della cultura e dell'intellingenza dei disabili visivi italiani o della loro capacità di informarsi.
Infatti le leggi che vengono sempre citate dalla dirigenza UICI con dovizia di numeri e di particolari non hanno un tenore tale da giustificare le affermazioni di escusività di rappresentanza vantate.
E vediamo quindi, al di là di queste considerazioni morali e di "pelle", quali sono gli argomenti giuridici che troncano di netto le pretese di monopolio dell'Unione.
     1. In primo luogo sulla materia si è già espresso il supremo organo consultivo della Repubblica, il Consiglio di Stato, che nel parere al Ministero degli Interni n. 226/80, Sezione I, del 14 marzo 1980, ha dichiarato che le associazioni UIC e ANPV ((Associazione Privi di Vista) rappresentano soltanto i propri iscritti e che nessuno può vantare di tutelare persone non vedenti che non intendono rivolgersi ad un'associazione che non sia di loro fiducia". Il parere è citato in un articolo giornalistico e in una relazione parlamentare contenuta negli atti della Camera dei Deputati.
Credo che ciò dovrebbe risolvere da solo ogni dubbio,ma è interessante esaminare anche altri aspetti giuridici che costituiscono il fondamento del parere ed escludono una diversa interpretazione.
     2. Operando nel settore dell'interpretazione storico-sistematica,si nota subito che la norma del 1978 che avrebbe conferito all'UIC quel potere esclusivo, è stata emanata in un tempo in cui essa era l'unica associazione generalista di disabili visivi esistente in Italia (infatti, l'AICG, Associazione Italiana Ciechi di Guerra, e ANPV   sono databili rispettivamente al 1979 e al 1981), mentre L'Associazione Disabili Visivi,che esisteva già dal 1970, con il nome di Radio Club Ciechi d'Italia, era però un'associazione tematica e non aveva certo pretese di rappresentanza esclusiva.
     3. Sotto il profilo del contenuto,appare chiaro  che l'espressione "compiti"  "di rappresentanza e tutela dei minorati della vista previsti dalle norme vigenti e da quelle statutarie", stia ad indicare piuttosto un dovere di tutela e di rappresentanza dei minorati della vista che necessitino dell'appoggio dell'associazione e che vi hanno diritto anche se non iscritti,piuttosto che un diritto esclusivo ai danni di altre associazioni.
     4. Sotto il profilo costituzionale,va evidenziato che la prima norma invocata dall'UICI è il D.L.C.D.S. 26 settembre 1947, n. 1047, anteriore all'entrata in vigore della Costituzione repubblicana (1gennaio 1948), e quindi suscettibile di essere considerata incostituzionale, se le si volesse attribuire il significato di esclusività della rappresentanza, mentre dall'entrata in vigore della Costituzione in poi, una norma che introducesse tale principio contrasterebbe con la libertà associativa costituzionalmente garantita dall'Art. 18, in quanto, altrimenti, le altre associazioni risulterebbero svuotate di ogni potere e contenuto.
     5. Il fatto che      nel 1978 lo status dell'UIC fosse riconfermato,come dice il Presidente UICI,dimostra proprio che la sua interpretazione della norma non coincide con la voluntas legis,dato che a questo punto il DPR del 23 dicembre 1978, se avesse avuto l'intenzione monopolistica che gli si attribuisce, sarebbe stato emanato in violazione della Costituzione.
     6. La pretesa dell'esclusività riprodurrebbe una situazione simile a quella prevista in regime di corporazioni fasciste, abrogate dalla Carta costituzionale. 
     7. Va infine osservato che un tale potere di rappresentanza erga omnes non è attualmente previsto neppure a favore di organizzazioni potenti e rappresentative come le Federazioni sindacali, che possono rappresentare soltanto i loro iscritti,tanto che per poter fare in modo che un contratto collettivo di lavoro impegni i non iscritti, esso deve essere recepito in  una legge apposita. 
Poiché i sindacati, alla pari dell'UICI, sono associazioni private, non è stato neppure possibile attuare l'efficacia erga omnes una volta per tutte con una legge, la legge  Vigorelli del 1959, di cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale in quando considerata un espediente per sistematizzare una situazione eccezionale. Si potrebbe quindi ritenere che, persino nel caso in cui qualcuno potesse pensare che il DPR del 1978 avesse veramente inteso concedere   all'UICI una rappresentanza esclusiva, tale DPR sarebbe parimenti incostituzionale.
    8. Quanto alla citata legge 68/1999, essa riguarda solo il collocamento al lavoro e non contiene attribuzioni generali di rappresentanza. Citare una norma ininfluente costituisce un vero autogoal che dimostra  la scarsa fiducia nella stiracchiata interpretazione delle altre norme citate.
E' quindi ora che si smetta di vantare rappresentanze esclusive e diritti di monopolio non solo sui prodotti,ma anche sui cervelli dei ciechi.
L'Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti può rappresentare soltanto i propri iscritti e nessun altro. Ma non basta,quando si tratta di decidere sull'utilità e l'efficacia di determinati strumenti ed ausili,non può dire di rappresentare neppure tutti i suoi iscritti, facendo finta di ignorare che un consistente numero di suoi soci e anche di dirigenti non la pensa nello stesso modo e che, non trovandoci sotto un regime totalitario,i cervelli non sono dati all'ammasso e che gli stessi suoi associati sono liberi di opporsi a decisioni unilaterali della sede centrale,prese senza neppure consultare la base.
Roma, 15 aprile 2012 - G.N.

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